La sensualità dell'autunno

Un pezzo scritto in passato dedicato all'autunno ormai alle porte, la stagione più sensuale delle quattro (n.d.r. testo vietato ai minori di 14 anni ;-)).

"Autunno.Già solo a pronunciarne il nome, se ne può intuire la carica sensuale: A… U… T… U… N… N… O… qual movimento lento e ondoso delle labbra, in grado di richiamare al proprio cospetto il gusto carnale del piacere… quale abilità nel dischiudere la percezione sensoriale, per lasciarla poi scorrere attraverso il territorio, accarezzando colline, rallentando nei boschi, generando fiumi e soffiando per pianure, terminando poi, dove tutto ebbe inizio: tra le labbra di un’incantevole e avvenente Signora. Autunno: null’altro che una Signora generosa capace di inebriare l’uomo con il suo accattivante sorriso, con il suo corpo femminile, provocante quanto basta ad ubriacare anche gli animi più indifferenti.Nei colori del fuoco di cui si vestono le piante ritroviamo l’eleganza, il mistero, quel portamento sinuoso proprio delle persone affette da passione. 

Come la Ginko Biloba, che con la sua slanciata forma, il suo vestito giallo d’oro e quella miriade di vezzosi ventagli ricorda tanto una nobildonna del Nord, ornata di perle e nient’altro, capace di passare, nel tempo utile ad un battito del vento, dalla temperatura glaciale del suo sguardo all’ardore del fuoco animale. Oppure l’Acero Giapponese, che con quell'esile statura, quelle morbide foglie simili ad un tocco vellutato e quel rosso acceso di cui ama truccarsi -un rosso dall’aspetto quasi indecente e volgare- ricorda tanto il fremito di un corpo ancora vergine di una Lolita orientale, pronto a crogiolarsi nel suo più nuovo e misterioso abbandono.
E cosa dire del Kaki, che con il suo ornarsi di gioielli arancioni su quel nodoso corpo ricorda l’appagamento di una vecchia signora che dalla vita ha ricevuto tanto quanto ha dato; tutto l’amore possibile, dalla sua forma più dolce e romantica fino ad arrivare a quella tormentata e straziante, sentimenti assaporati sul corpo di molti uomini. Questo sapore, questo gusto, questa vita, li si ritrova nel frutto di cui lei ama agghindarsi e che ne porta il medesimo nome. Quale aspra sensazione ci si ritrova sui denti e lungo la schiena quando si osa mangiare il Kaki non ancora maturo, non ancora sufficientemente corteggiato e pronto allo scambio; ma qual piacere, quale goduria e delizia quando la polpa zuccherina del raccolto si impossessa della bocca, cola sul mento, gioca con la lingua, prima di venir risucchiata e ingoiata, lasciando sulla labbra un vuoto ora occupato dalla bramosia di averne ancora, e ancora, e ancora.

Più modesta ma non tanto meno voluttuosa è la pianta del Fico, anch’essa padrona di esperienze vissute ma scoperte e costruite con l’unico uomo a cui promise amore. Le sue grandi foglie sembrano mani che hanno accolto, accudito, consolato, lavorato e accarezzato, foglie che nel loro insieme hanno formato un abito che di appariscente non possiede nulla, nemmeno un ricamo che ne possa tradire l’ineccepibile sobrietà, la misurata pudicizia. In autunno, spogliata del suo vestito estivo, l’anziana Signora mostra il suo magro e avvizzito corpo, senza però perdere nemmeno un briciolo di quella dignità che le appartiene, di quell’acquisito decoro capace di trasformare la sua ossuta nudità in un altare di stima, onestà e rispetto. L’unica possibilità di varcare la soglia del suo apparire, ci vien concessa per il tramite dei suoi frutti: i fichi. La buccia esterna ben rispecchia la virtù della pianta madre, ma brandendo i frutti tra le dita, schiacciandone i lati fino al fuoriuscire della carnosa polpa, ecco… ecco finalmente apparire, pronta ad essere gustata, la fondente dolcezza dei momenti più intimi, più segreti, più desiderosi, più avidi di corpo, braccia, mani e lingua, ecco finalmente apparire l'essenza di quei momenti lussuriosi a cui il piacere orale faceva da padrone.

Ci sono i gialli, i rossi e i viola di cui le nostre amabili donne amano vestirsi prima di abbandonarsi a un lungo sonno ristoratore, mentre in superficie resta il verde di quelle piante che, come silenziosi guardiani, veglieranno sul riposo delle belle Signore addormentate. Autunno, una stagione tanto appariscente e libertina all’apparenza, quanto ricca e fertile nel proprio ventre: la terra. Foglie, rami, fiori e frutti caduti al suolo, mischiati a pioggia e umidità, scaldati dagli ultimi e tiepidi raggi del sole, accudiranno e proteggeranno per tutto il periodo invernale i semi della scorsa e della prossima estate.

L’autunno, eccone svelato il mistero; questa stagione è il talamo nuziale in cui la primavera giacerà col cielo, dove speriamo possano godere l’uno dell’altra, e dove confidiamo nell’appagamento d’entrambi; questo perché senza l’amore di oggi non ci potrà essere alcun domani. E fu così che all'apice dell'amplesso, la prima neve imbiancò le montagne…."