Una carrellata della mia attività mensile sui social network, senza commenti e in ordine sparso. Ci sarebbero anche i video, ma per quelli devo ancora capire come fare ad aggiungerli ;-).
Trasformiamo il periodo del calendario dell’avvento in un’opportunità! Inviate ogni giorno per 24 giorni un messaggio o una cartolina a chi volete tra i vostri amici e parenti. L'importante è che siano sempre le stesse persone, in modo che dopo un paio di giorni comincino ad aspettare il vostro intervento. Ma come fare? Ecco qualche semplice consiglio:
Se poi proprio non ce la fate ad arrivare a 24 produzioni personali: sfruttatemi! Da domani posterò sul sito immagini che potranno essere salvate, scaricate e stampate. Potrete corredarle con qualsiasi vostra ulteriore aggiunta o essere prese così come sono, condivise, divulgate, inviate attraverso il web, gli smartphone, i vostri profili social, per posta o per post-it e chi più ne ha più ne metta. Comincerò a pubblicare con un giorno di anticipo proprio per darvi il tempo di elaborare la sorpresa, aggiungendo parole vostre (se volete). Se invece siete solo in cerca di qualche spunto potete dare un'occhiata veloce alla pagina principale del mio blog o al mio profilo Facebook: spesso basta poco per accendere la miccia della creatività.
Ora non avete proprio più scuse: non perdete l’occasione di essere l’evento stesso del calendario dell’avvento di qualcun altro, sarebbe un peccato non approfittarne, non trovate? ;-).
Ci son cose che vanno scritte a mano perché solo così possono apparire. Un movimento divenuto ormai automatico ma che necessita di un comando ben superiore alla comunicazione delle coordinate in cui si trova un tasto. Che poi, movimento, io la chiamerei piuttosto un'aggregazione.
È una cosa che parte da molteplici direzioni per andare a congiungersi infine sul foglio in ciò che vedi. Perché in una C non c'è solo un movimento curvo, e una H non è composta solo da tre tratti distinti. No, quando scrivi una lettera a mano senti proprio pezzi di cose staccarsi da immagini, sogni, momenti, esperienze, odori e colori e correre tutti lì assieme nelle dita, a spostare la penna.
Se volete provate: mettetevi anche voi davanti alla finestra, magari in compagnia di un buon bicchiere di vino rosso e musica jazz. Abbassate gli occhi, intingete la punta nell'inchiostro e provate a scrivere una F: la sentite anche voi vero la corsa delle cose che vi si staccano dentro per unirsi nel tratto? Visto che avevo ragione? E guardate che quel rumore che avete sentito non era il sibilo del vento, no, era il sibilo dell'apparire.
Una Signora indossa scarpe, pantaloni, giacca e borsa di colore verde, in diverse tonalità. In mano porta un sacchetto bianco e marrone: se avesse potuto non l'avrebbe scelto. Un uomo aspetta il bus. Ne percepisco la presenza attraverso il riflesso delle automobili che gli passano davanti. Sigaretta in bocca e mani in tasca: prima o poi le toglierà. Un'automobilista indossa una cuffia bianca malgrado il caldo e i finestrini chiusi. eunevneiB, itunevneB, emocleW. Un mammut rivolge le zanne a un alpinista, da mesi; credo a questo punto sia innocuo, l'animale. Una gru in lontananza si riattiva: nel cantiere la pausa pranzo è finita. Una borsa piena di girasoli passa in bicicletta e si incrocia con una moto decorata a motivi floreali. Garda Pesca, Sirmione. Una donna lato passeggero guarda in su; forse mi vede, la osservo. Un graffito sul tetto di un camion: opera negata agli spettatori che risiedono dal secondo piano in giù. Un'automobile rossa, una grigia, due bianche e una blu: pacco, lettera, nulla, pacco, lettera... Foglie di ginkgo biloba ovunque, al suolo. Onde nel cielo: qualcuno vi ha gettato un sasso. Una porta all'esterno si chiude, il panino è finito e vedo un'automobile verde mela, che rarità. Mentre mi alzo dalla sedia scorgo per l'ultima volta il riflesso dell'uomo fermo in attesa del bus. Ha una felpa grigia e freddo alle mani. La linea 513 è in ritardo, ma forse per l'uomo è meglio così.
Due settimane. Mancano due settimane e ho detto "sì". Due settimane già di per sé colme, si vede non abbastanza... in fin dei conti basta prendere ciò che si prova, aggiungerci il proprio concetto, andare a recuperare i pensieri e le energie lasciati chissà dove e mandare in vacanza l'ansia per un po'... che poi solitamente l'ansia quando vede che sta arrivando quel momento lì capisce da sola e per un po' mi lascia in pace (ebbene sì, ho un'ansia che mi vuole bene ;-)).
Due metri e zero cinque per due metri e ottanta, quasi cinque virgola settantaquattro metri quadrati di superficie da riempire. L'ho scritto in cifre perché mi fa meno impressione. Però mi esalta: 5,74 m2 di superficie da riempire... non so cosa ne verrà fuori ma poco importa, che conta qui non sarà il risultato ma quello che potrò buttarci dentro e porcamiseria: è tanta roba! Anzi... ora che ci penso quei 5,74 m2 mi sembrano addirittura pochini... basteranno?
Lo sapevo... da tempo la possibilità di fare video si era appollaiata sulla mia spalla e ogni tanto la sentivo soffiare, come quando hai le mani intirizzite del freddo e cerchi di scaldarle un po'. Poi vado via in montagna: sarà stata l'ispirazione autunnale, la voglia di provarci, la tranquillità necessaria o il bisogno di comunicare attraverso altri mezzi ed ecco apparire i primi esperimenti.
Un po' in natura, un po' nel mio atelier, un po' per caso e un po' per gioco. Un po' per dire che ci sono, un po' perché all'arrivo dell'aeroplanino ci credo ancora, un po' perché senza un video resterebbe solo la memoria ma quella è difficile da condividere, ma soprattutto perché a un certo punto mi appare un titolo in testa, e se non lo tiro fuori poi resta lì a intasarmi i pensieri, che non è cosa buona e giusta.
In pratica: mi sono iscritta a Youtube, dove potrete trovare le mie creazioni. Ed ecco, tutto lì.
Se volete seguirmi mi trovate cliccando qui.
P.S.: a breve dovrebbe andare online il mio shop, dove potrai trovare (forse) qualche idea per Natale. Quando? Iscriviti alla newsletter e sarai avvisato tempestivamente, anche perché i pezzi non saranno molti, e chi primo arriva meglio alloggia ;-)
E poi arrivi dove devi. Come oggi. Un oggi carico di avvenimenti importanti accaduti nei giorni scorsi lasciati per caso sul mio cammino dal fato come fossero mollichine di pane, anche se un caso non lo è mai, e men che meno si è trattato di mollichine di pane. Oggi: un’aula, un corso, un Maestro, un metodo d’approccio diverso e boom, mi si è spalancato un mondo. Un altro. Anzi no, il mondo è sempre lo stesso ma altri saranno i passi con cui potrò attraversarlo, all’occasione. Si è partiti da una frase scelta su ispirazione. Ho parlato di fischi ed echi: l’attesa del rimando dell’accadere, il solito insomma. Ok. Scrivo la frase. E la riscrivo. E mi lascio andare. E vado di segno. BeSign è il nome del corso: essere segno, ma per davvero (aggiungo io). Un segno che pulisci, scorri, lasci fluire, liberandoti nel procedere dal senso e dal significato delle parole. Sono giunta a una Effe. Ok. Da qui si riparte e si continua riprendendo all’infinito quel tratto che poi è diventato simbolo e poi nemmeno più quello. Dieci, cento, mille fogli; non so quanta carta abbia usato, poco importa. Studiare, affrontare, entrare nel gesto, approcciarsi ad esso ancora e ancora e ancora perché un ancora c’è sempre, fino a quando diventi quel tratto e quella stessa Effe ho cominciato a sentirla, a provarne l’emozione, ad ascoltarla, a viverla. Qualsiasi lavoro eseguito in seguito portava ora il suo nome anche se si trattava di un punto rosso… ma davvero voi che siete qui in aula con me non la sentite? A me questa Effe risuona dentro tanto da stordire! “Caspita è forte”: dunque qualche cosa è arrivato. Ma chissà fin dove sarà giunto il messaggio, se affettivamente la mia Effe sarà capace di rimandarmene un’altra come l’eco da cui sono partita o come l’eco da cui sono arrivata, fino a ieri qui, su questo oggi, che è diventato un oggi… oggi...gi.
Corso tenutosi il 18 ottobre 2015 da Marco Campedelli, presso lo spazio Calligraphic Design di Gabriela Carbognani.
Foto tipress
Lo so, sono di parte, ma quando guardo certe cose non posso fare a meno di dirmi “sì, ecco perché stai con me”. Sto parlando di Daniele Finzi Pasca, il noto regista, attore, scenografo, produttore (e chi più ne ha più ne metta) ticinese, o in una sola parola “Lui”. Ho appena assistito alla sua ultima fatica, e quindi sono ancora completamente assorbita dal suo mondo sirrutesco, che è una parola nuova (chi ha visto “bianco su bianco” sa cosa intendo) che vuol dire nel contempo “terra”, “dita di piedi che si sgranchiscono”, “temporale” (è un ingrediente che con Lui non manca mai), “vento dell’est”, “orsa polare”, “menta piperita” e “polvere che luccica nel sole”.
Dico Lui perché per me Daniele Finzi Pasca è una presenza attiva. È seduto lì sulla mia spalla insieme ad altri, pronto a sussurrarmi all’orecchio come Lui vedrebbe quel fatto, come lo interpreterebbe, come lo disegnerebbe o metterebbe in scena, oppure semplicemente l’effetto che farebbe a Lui. Un po’ come quelle vocine interiori che chissà perché si considerano sempre birichine, dei diavoletti pronti a farti deragliare offrendo tentazioni e false visioni.
E se invece servissero per rimetterti in carreggiata? O per scegliere effettivamente quella giusta da seguire? O magari sono lì solo per farti sentire un po’ meno solo, quando hai voglia di chiudere gli occhi e lasciare che in quel momento siano altri a guardare per te. Daniele Finzi Pasca non è comunque l’unico amico di spalla; è seduto vicino a Gianluca Grossi, Amelie Poulain, Gottlieb Duttweiler, Giacometti, Forrest Gump, Renzo Rosso, Topo Gigio, Styles e il nano Franz, più un sacco di altri animaletti strani di passaggio a cui offro riposo nel loro infinito girovagare. Forse la cultura è anche questo: offrire un luogo dentro sé dedicato ad altri punti di vista e lasciare che a volte siano loro a parlare… anche se è vero che in fin dei conti raccontano poi tutti la stessa cosa, che altro non è se non la vita.
Il 28 settembre 2015 sono stata chiamata a immortalare un evento a Novazzano. La serata è iniziata con un ricco aperitivo a cui è seguita la proiezione del film "Un altro mondo" di Thomas Torelli e, in ultimo, un dibattito fra pubblico e il regista presente in sala.
Prima di iniziare ho comunicato ai presenti l'intenzione di creare un album dei ricordi, ho quindi chiesto di firmare un foglio e, qualora ne avessero avuto voglia o sentita la necessità, di lasciare un messaggio in un apposito contenitore. La partecipazione è stata ampia e ne approfitto per ringraziare coloro che mi hanno prestato fiducia, sperando di ripagarli in parte attraverso il lavoro svolto.
Per la creazione dell'album mi sono ispirata a sensazioni e impressioni avute sul momento, in seguito liberamente elaborate e trasformate, integrando quanto lasciato scritto dal pubblico.
Questo lavoro fa parte di un progetto artistico personale più ampio. Ogni album che avrò modo di realizzare sarà un'istantanea del momento vissuto rivisto in chiave creativa per liberarlo dal contesto reale. Ciò permetterà sia ai presenti di ripercorrere il ricordo che a chiunque di poter sfogliare un istante diventato eterno, libero di vagare attraverso lo spazio e il tempo, come fosse una bolla di sapone.
Ma se di bolle di sapone vogliamo parlare, creiamone allora una miriade! Sempre nell'ottica di questo concetto a chiunque ne faccia richiesta scrivendomi verrà inviata gratuitamente per mail una copia dell'album in formato pdf, la quale potrà essere sfogliata o stampata ad uso esclusivamente personale. Mentre per coloro che desiderano sfogliare fisicamente l'album sono disponibili le copie in forma cartacea, stampate in una tipografia della regione (bolle a chilometro infinito ma stampa a chilometro zero ;-)).
Gli album sono di formato dim. 18,6 x 18,6 cm, di 24 pagine più la copertina, su carta FSC, a Fr. 20.- più spese di spedizione.
Se desideri quindi partecipare a creare idealmente una pioggia di bolle di sapone scrivimi e fammi sapere se preferisci ricevere l'Album in formato elettronico oppure acquistare un pezzo da collezione in forma cartacea, ti darò le coordinate bancarie per il pagamento oppure ti invierò la polizza di versamento assieme all'album.
Ma non è finita: il film Un altro mondo di Thomas Torelli è anche disponibile in DVD sul sito ufficiale unaltromondo.net, oppure presso Fabiana Lazzereschi a Chiasso.
Dunque a presto, a ogni volta che ti verrà voglia di soffiare su quel ricordo :-)
Il mio concetto artistico di interazione fra realtà e fantasia comprende anche i Progetti album. Questi desiderano essere un'istantanea del momento vissuto rivisto in chiave creativa per poterlo così estrapolare dal contesto reale. Ciò permetterà sia ai presenti di rivivere il ricordo che a chiunque di poter sfogliare un istante di vita diventato eterno, libero di vagare attraverso lo spazio e il tempo, come fosse una bolla di sapone.
In questo caso vi parlerò della Sagra della Castagna della Valle di Muggio a Castel San Pietro, evento a cui ho partecipato domenica 11 ottobre 2015.
Se poi desiderate ricevere una copia pdf dell'album dovete solo scrivermi, potrete così diventare proprietari di una bolla che tornerà a volteggiare per aria ogni volta che avrete voglia di sfogliarne il ricordo.
Informazioni album cartaceo: dim. cm 18,6 x 18,6, 35 pagine a colori rilegate, stampato in una tipografia del Mendrisiotto.
Come prima commissione ho dovuto elaborare dei segnalibri per uno studio di terapie al cui interno si tenevano anche corsi di fitness. La terapista desiderava da un lato un intervento artistico, mentre dall'altro i recapiti web e di contatto. Naturalmente per il secondo lato problemi non ce ne sono stati, ma come affrontare l'altro? Come abbinare due attività così differenti unendole in un unico layout?
Mi è sempre stato detto di partire da ciò che si ha, e il denominatore comune in questo caso era l'uomo come essere umano, dove da un lato se ne curavano i disagi emozionali mentre dall'altro il corpo e il fisico. A questo punto ho individuato quattro stati emotivi abbastanza comuni per ciò che concerne la terapia: quando ci si sente sopraffatti dalla vita e si porta un peso sulle spalle eccessivo, quando ci si sente dei pesci fuor d'acqua o inopportuni o non riconosciuti, quando il vuoto capeggia dentro o fuori dal sé, e infine quando si stanno affrontando dei cambiamenti importanti e la paura di attraversare il tunnel verso un nuovo domani avanza. Per la parte fitness ho studiato invece le posizioni del pilates e quando ho trovato quella dell'"incoronamento del re" mi è sembrata la più appropriata: con un nome così il successo per l'attività non poteva che essere assicurato ;-).
Come colori ho utilizzato il blu per i segnalibri con i disagi emozionali in quanto spesso simbolicamente all'acqua sono abbinate le emozioni più profonde, mentre in quello fitness il rosso a rappresentare la forza fisica, il sangue, la vitalità.
Il tutto è stato eseguito a mano, a inchiostro di china.
Oggi è uno di quei giorni che mi guardo in giro, sento la necessità di scrivere ma non so cosa. Mi pongo davanti al PC ma nulla, eppure le mani brulicano. Esco, vado a camminare con il cane ma in testa solo pianificazioni e idee e promemoria e mille varianti al quotidiano: il solito insomma. Mi ripongo davanti al PC: disegno. Esco di nuovo e vado in un locale pubblico affollato ad osservare ma stavolta non appare alcuna bolla temporale; non scatta la magia. Torno e mi rimetto davanti al PC: aggiorno cellulare, backup, sistema operativo e libero 10 GB cancellando più di 4000 fotografie selezionandole una per una, ma di scrivere non se ne parla. Decido quindi di giocarmi l’ultima carta: preparo pastina in brodo et voilà, eccomi qui: laddove nulla riesce pastina vince. Alé. Sto scrivendo comunque di ciò che non so, che consiste ancora nel sentirne il bisogno senza trovare le parole idonee anche se sì, dai, il senso è poi sempre quello: corrisponde a 1,618: il rapporto aureo: la proporzione divina. Detto altrimenti se prendo il segmento “a” della mia vita e lo divido per “b” il presente, il risultato dovrebbe dare 1,618(…); il rapporto su cui si basano un sacco di elementi in natura, nell’universo, nell’arte, nella storia e nel mondo. In pratica quando sento il bisogno di scrivere ma non trovo le parole dovrei semplicemente riportare unovirgolaseicentodiciotto, il risultato derivato dalla coerenza dell’accadere fratto l’armonia dell’essere che insomma, corrisponde poi a un punto. Che è il mio. Che sono io. Dove sono ora.
Ieri mi sono posta in attenzione per creare il mio primo album dei ricordi per eventi. È strano come tutto cambia quando ti poni davanti a un qualche cosa “da normale” o in modalità “registrazione”. Forse è solo che nella seconda attitudine apri un po’ di più i sensi, la mente e il cuore. Trovare il giusto equilibrio fra queste tre bacchette magiche è un’impresa, infatti c’è stato un attimo in cui ho iniziato a prendere appunti in modo costante dimenticando di ascoltare in senso più ampio e lasciare che il flusso di parole arrivasse da sé. E poi è accaduto, come sempre, e come sempre rimarrà qualche cosa di ineffabile: visto, creato e lasciato andare. Appaiono immagini in sequenza, e via. Solitamente qualcuna torna, poche ma sufficienti; non so se le migliori o le più significative, semplicemente me le ritrovo lì, e questa volta le userò. Anche la partecipazione del pubblico è stata notevole: credo la voglia di esserci e di far parte di un ricordo abbia prevalso su timidezza o semplice pigrizia. Devo ancora leggere i loro commenti ma sono molti, e come ringraziamento a fine lavoro ne riceveranno una copia in formato elettronico, o a chi almeno ha lasciato il suo indirizzo mail. Oggi quindi sarà il giorno in cui inizierò a ricostruire quel momento attraverso ciò che mi è rimasto addosso, e chissà cosa ne salterà fuori. Sono curiosa. Mi lascerò stupire. Come sempre. Ed: evviva la vita.
Le mattinate autunnali hanno un non so che di diverso; il cielo terso, l’aria limpida, i rumori chetati, sembra aria di montagna giunta al piano, a un piano che ieri era quello del lungolago di Lugano. Passeggiare, perdersi, osservare, avere tempo: grande ricchezza. E così, fra un caffè e un aperitivo, ecco scorrermi davanti agli occhi Piazza Riforma. Il tutto è stato innescato da un’asiatica seduta accanto che parlava con un uomo al cellulare via face time: lui urlava, di lei se ne percepiva invece solo il lieve movimento delle labbra.
È stato un attimo e puff, nel momento sono apparsi i due cani seduti tranquilli, un papà che ha alzato il bimbo al cielo a cui è toccato aggrapparsi a un naso così grande, due anziani che trasportavano, uno per lato, una cassetta piena di viole. E poi palloncini, cappuccini e caffè ordinati fra spriz e prosecchi e una farfalla posatasi sulla mano di una bimba ha reso invidiosa l’amica: ne voleva una anche lei. Uno scoppio di risa improvviso ma di quelli belli, di quelli che ti fanno mettere le mani sulla bocca e poi guardare in giro per controllare se qualcuno ha sentito ed è un sì ma grazie, ho sorriso con voi. E poi è cominciata la danza del sole, di quelli che chiudono la giacca e di quelli che la aprono, di quelli che spostano il tavolo un po’ più in là, chi al sole chi all’ombra, di chi cambia posto e chi no a me piace, di ombrelloni che si aprono e che si chiudono, di gente che scorre in pantaloncini e maglietta e chi in piumino e jeans. Un’oliva.
Una donna piccolina vestita in rosso che dondola le gambe a penzoloni seduta su una panchina. Chi gioca con l’anello al dito, chi attende qualcuno girandosi di 20 gradi ad ogni tiro di sigaretta, chi porta la maglietta a righe orizzontali e chi quella di Mazinga Z. Un foulard a pois. L’Eleganza. Due simili per mano: fratelli o coppia? Cinque uomini in fila indiana, dal più alto al più basso. Gli stand di Migros, Greenhope ed Event More. Un’altra oliva. Pipì. Capelli ricci, ma di quelli ricci ricci, riccissimi, e poi un gigante magrissimo, un naso da Ciranò e “scusi l’attesa”, una dichiarazione d'amore scritta sul giornale, messaggi fra amiche, l’Illustration dal 1859, una persona a bocca aperta e una mano che si posa su una guancia. Poi la farfalla, quella che era sulla mano della bimba è tornata sul fiore, sul suo fiore… la natura non pensa, la natura va a istinto, la natura semplicemente fa ciò che sente, che è giusto, il suo giusto, il suo fiore. L’ultima oliva.
Pago e me ne vado, mentre dal palco un coro di bambini intona un classico di Jakson “Heal The World, Make It A Better Place, For You And For Me, And The Entire Human Race, There Are, People Dying, If You Care Enough, For The Living, Make A Better Place, For You And For Me”… crea un posto migliore, per te e per me, il nostro giusto, la nostra bolla, il mio fiore.
E poi ti volti e lui è lì, a guardarti. Ancora così bello, soffice e intatto: un soffione dei desideri. L'avrà perso qualcuno? È qui per me? Cosa faccio, ne approfitto? E sì che ho passato l'estate a soffiare di qua e di là... sarebbe troppo anche se sì, insomma, qualche cosina ancora in sospeso l'avrei... ma no dai, lo lascio a chi è destinato... anzi, faccio di meglio, lo metto qui... magari qualcuno lo riconosce e capisce che è il suo e allora su forza: chiudi gli occhi, esprimi un desiderio e via... soffia.
P: Ciao, mi chiamo Paperetta, tu chi sei?
S: Sono Scaletta
P: E cosa fai?
S: Faccio salire e scendere gli uomini nel lago
P: Noi utilizziamo le ali
S: Anche l’essere umano le possiede, ma non le usa come voi
P: E come allora?
S: Per capire, stando in volo, in quale lago immergersi
P: Perché, ce ne sono di diversi?
S: Certo! Tanti laghi rinfrescano, il proprio invece scalda
P: E quando lo trovano cosa accade?
S: Che non hanno più bisogno di me
P: Perché?
S: Perché si tuffano
Ieri sono andata online con il sito (ok, si era capito) e moltissime sono state le dimostrazioni di simpatia e affetto ricevute... che dire... grazie :-)! Al pomeriggio ho dovuto camminare un paio d'ore sotto la pioggia da tanta era l'emozione... quindi grazie un'altra volta. Stamattina allora volevo scrivervelo qui quel grazie, ma mi sembrava di una banalità disarmante. Poi però è capitata una cosa e ho capito come fare: la prossima volta che la vostra attenzione sarà attratta da un bagliore, come potrebbe essere il sole che batte sulla finestra di una casa in lontananza, dallo specchietto di una bicicletta di passaggio, dal riflesso di un orologio di metallo o altro, ebbene, quello sarà il grazie vero partito oggi da me finalmente giunto a destinazione. Sì, mi avete proprio fatto quell'effetto lì: grazie, grazie davvero (ok, spediti, ora fatemi però sapere quando arriveranno :-)).
Oggi giada.ch nasce sotto il segno del 7, come 7 sono stati i giorni necessari per creare nuovi mondi (o almeno così è Scritto). Poi oggi è il dicias7 del mese di 7mbre, e 7 mesi fa feci la prima telefonata che mi indirizzò sulla strada dell’online. Poi giada.ch ha 7 lettere, la prima tabellina che ho imparato da piccola era (indovinate) proprio quella del 7 e ancora oggi per contare i gruppi vado di 7, 14, 21, 28. Il numero 7 ha anche un sacco di significati esoterici e mistici: male non fa. Poi 14 (7 per 2, ovvio) sono le attività che troverai in giada.ch; ecco quindi una sorta di bignami www:
Se volete scoprire di più visitate sezioni e pagine qui presenti, se invece avete proposte, suggerimenti o domande non esitate a scrivermi perché non ve l’ho ancora detto, ma credo molto anche nel potere dell’incontro :-).
Un pezzo scritto in passato dedicato all'autunno ormai alle porte, la stagione più sensuale delle quattro (n.d.r. testo vietato ai minori di 14 anni ;-)).
"Autunno.Già solo a pronunciarne il nome, se ne può intuire la carica sensuale: A… U… T… U… N… N… O… qual movimento lento e ondoso delle labbra, in grado di richiamare al proprio cospetto il gusto carnale del piacere… quale abilità nel dischiudere la percezione sensoriale, per lasciarla poi scorrere attraverso il territorio, accarezzando colline, rallentando nei boschi, generando fiumi e soffiando per pianure, terminando poi, dove tutto ebbe inizio: tra le labbra di un’incantevole e avvenente Signora. Autunno: null’altro che una Signora generosa capace di inebriare l’uomo con il suo accattivante sorriso, con il suo corpo femminile, provocante quanto basta ad ubriacare anche gli animi più indifferenti.Nei colori del fuoco di cui si vestono le piante ritroviamo l’eleganza, il mistero, quel portamento sinuoso proprio delle persone affette da passione.
Come la Ginko Biloba, che con la sua slanciata forma, il suo vestito giallo d’oro e quella miriade di vezzosi ventagli ricorda tanto una nobildonna del Nord, ornata di perle e nient’altro, capace di passare, nel tempo utile ad un battito del vento, dalla temperatura glaciale del suo sguardo all’ardore del fuoco animale. Oppure l’Acero Giapponese, che con quell'esile statura, quelle morbide foglie simili ad un tocco vellutato e quel rosso acceso di cui ama truccarsi -un rosso dall’aspetto quasi indecente e volgare- ricorda tanto il fremito di un corpo ancora vergine di una Lolita orientale, pronto a crogiolarsi nel suo più nuovo e misterioso abbandono.
E cosa dire del Kaki, che con il suo ornarsi di gioielli arancioni su quel nodoso corpo ricorda l’appagamento di una vecchia signora che dalla vita ha ricevuto tanto quanto ha dato; tutto l’amore possibile, dalla sua forma più dolce e romantica fino ad arrivare a quella tormentata e straziante, sentimenti assaporati sul corpo di molti uomini. Questo sapore, questo gusto, questa vita, li si ritrova nel frutto di cui lei ama agghindarsi e che ne porta il medesimo nome. Quale aspra sensazione ci si ritrova sui denti e lungo la schiena quando si osa mangiare il Kaki non ancora maturo, non ancora sufficientemente corteggiato e pronto allo scambio; ma qual piacere, quale goduria e delizia quando la polpa zuccherina del raccolto si impossessa della bocca, cola sul mento, gioca con la lingua, prima di venir risucchiata e ingoiata, lasciando sulla labbra un vuoto ora occupato dalla bramosia di averne ancora, e ancora, e ancora.
Più modesta ma non tanto meno voluttuosa è la pianta del Fico, anch’essa padrona di esperienze vissute ma scoperte e costruite con l’unico uomo a cui promise amore. Le sue grandi foglie sembrano mani che hanno accolto, accudito, consolato, lavorato e accarezzato, foglie che nel loro insieme hanno formato un abito che di appariscente non possiede nulla, nemmeno un ricamo che ne possa tradire l’ineccepibile sobrietà, la misurata pudicizia. In autunno, spogliata del suo vestito estivo, l’anziana Signora mostra il suo magro e avvizzito corpo, senza però perdere nemmeno un briciolo di quella dignità che le appartiene, di quell’acquisito decoro capace di trasformare la sua ossuta nudità in un altare di stima, onestà e rispetto. L’unica possibilità di varcare la soglia del suo apparire, ci vien concessa per il tramite dei suoi frutti: i fichi. La buccia esterna ben rispecchia la virtù della pianta madre, ma brandendo i frutti tra le dita, schiacciandone i lati fino al fuoriuscire della carnosa polpa, ecco… ecco finalmente apparire, pronta ad essere gustata, la fondente dolcezza dei momenti più intimi, più segreti, più desiderosi, più avidi di corpo, braccia, mani e lingua, ecco finalmente apparire l'essenza di quei momenti lussuriosi a cui il piacere orale faceva da padrone.
Ci sono i gialli, i rossi e i viola di cui le nostre amabili donne amano vestirsi prima di abbandonarsi a un lungo sonno ristoratore, mentre in superficie resta il verde di quelle piante che, come silenziosi guardiani, veglieranno sul riposo delle belle Signore addormentate. Autunno, una stagione tanto appariscente e libertina all’apparenza, quanto ricca e fertile nel proprio ventre: la terra. Foglie, rami, fiori e frutti caduti al suolo, mischiati a pioggia e umidità, scaldati dagli ultimi e tiepidi raggi del sole, accudiranno e proteggeranno per tutto il periodo invernale i semi della scorsa e della prossima estate.
L’autunno, eccone svelato il mistero; questa stagione è il talamo nuziale in cui la primavera giacerà col cielo, dove speriamo possano godere l’uno dell’altra, e dove confidiamo nell’appagamento d’entrambi; questo perché senza l’amore di oggi non ci potrà essere alcun domani. E fu così che all'apice dell'amplesso, la prima neve imbiancò le montagne…."