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Dal #solstizioinverno2020 il senso della foresta

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Dall’opera #solstizioinverno2020 è spuntata una foresta. Non che abbia fisicamente disegnato alberi ma ne ho percepito fortemente il senso; un insieme capace di creare vastità, brezza, protezione, solidità, ossigeno ma, soprattutto, di crescere. Mentre lavoravo al progetto lanciato in agosto sulla quotidianità ho cominciato a intuire questo potere ma ancora non riuscivo a coglierlo; invece in questi giorni in cui sto lavorando al nuovo dipinto questa presenza ha cominciato a definirsi da sé, a spuntarmi attorno e a manifestarsi chiaramente, inglobandomi. 

Il 21 dicembre ho chiesto alle persone di raccontarmi la loro giornata tramite messaggio vocale che poi io, ascoltando, sto riportando in qualche modo su tela; un modo per immortalare la biografia dell’umanità nel suo compiersi quotidiano. Nei messaggi si parla di pianti, speranze, scazzi, addii, credo, Egitto, musiche, amori eterni, bancomat, progetti nuovi e accantonati, paure, caffè, confusione, solitudini, pappagalli, semi di mela, generosità, amici, aspettative, maglioni di lana, grissini, rumori, famiglia e molto altro, e questo solo negli undici messaggi ascoltati fino ad ora. Me ne restano ancora 34 per completare #solstizioinverno2020; un mondo intero, una foresta gigante in un giorno solo.

La foresta di cui parlo è il senso di appartenenza rivolto sia verso l’insieme degli esseri umani che verso la vita, perché quando ascolto le storie altrui ritrovo la mia e accoglierla significa piantarla, farla germogliare, permetterle di ancorarsi scendendo nella terra che è fonte di nutrimento ma anche luogo di intrecci; avete mai visto degli alberi sradicati dal vento? Le radici formano un insieme unico, non si riesce a distinguere a quale albero appartengano, e la medesima sensazione la si ritrova quando si alzano gli occhi al cielo dove una rete di rami infinita ne trattiene l’immensità. Ecco, quando dipingo sento quella cosa lì, quel noi composto da singole unicità, quella foresta creata da alberi il cui insieme diviene un ponte straordinariamente vivo e pulsante che collega terra e cielo.

Il senso di appartenenza parte dal sé per poi trascenderlo; è una forza più grande, un’entità che diviene tensione e intenzione e cura; cura di ogni elemento che la compone e da cui scaturisce un sentimento di responsabilità verso l’insieme, verso appunto la foresta. Vederla e sentire di farne parte non significa amare ogni sua manifestazione; le foreste non sono facili per nessuno da abitare, lo raccontano anche le fate e i folletti figuriamoci per noi che non sappiamo nemmeno più come si fa, ma credo che recuperare quella sensazione e trasformarla in direzione possa oggi aiutarci a dargli un nuovo significato, un senso migliore, più fertile.

Termino il mio pensiero lasciando il link in cui potete ascoltare le prime 11 testimonianze, link che verrà aggiornato quotidianamente con i racconti che troveranno man mano spazio su tela: clicca qui.

Grazie per l’ascolto dato e che saprete dare, e che foresta sia(mo).

Il giorno prima di iniziare #solstizio d'inverno 2020

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Non so se è un modo, forse uno stato, soprattutto una tensione. Me ne accorgo già qualche giorno prima. La sento arrivare, da lontano, e il suo avvicinarsi coincide con una sorta di sintonizzazione; come un dito posto su una corda di violino quando incontra l’archetto alla ricerca di una nota che diverrà armonia.

Probabilmente è sì un modo, anche uno stato, ma resta soprattutto una tensione. Generalmente pulisco, ordino, allineo ma in modo diverso, come a cercare la giusta combinazione; l’incastro corretto; l’equilibrio. Cambio anche prodotti, profumi, cibi, gesti, rituali, passeggiate, caffè, musiche, parole, pensieri, libri. Velocità. E densità. D e n s i t à. Affinché così: semplicemente accada.

Perché poi accade che quel modo, stato e armonia diventano modostatoarmoniaedipiù. In pratica ci sarà entusiasmo, gioia, stanchezza, rabbia, frustrazione, amore, gratitudine, commozione, stupore, meraviglia, notti insonni, pensieri vasti, voli in picchiata, tunnel da scoprire, germogli da proteggere, foreste da attraversare, nuvole a cui consegnare, pelle da sfilare, occhi da guadare ma soprattutto stelle da seguire, e ascoltare, e intrecciare, e lasciar cadere, ed esprimere. Desideri (accento a scelta)?

Solo per dire che domani inizierò un nuovo dipinto, che sarà un modo e anche Stato ma soprattutto una tensione verso l’armonia, l’intenzione naturale a cui tendono le relazioni quando nascono dalla condivisione, dalla presenza, dalla genuinità e dal racconto del proprio mondo, nel mondo e per il mondo, che in fondo è l’unico che abbiamo: di mo(n)do.

#ARTLIFE - Testimonianze audio: quando le trascrivo

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Poi c’è che le trascrivo. Sì, chiedo di inviarmi un messaggio vocale ma poi ne riporto le parole sulla Moleskine dedicata al progetto. Scrivo sempre a mano; anche questo appartiene al rituale della nascita del dipinto. Deve esserci silenzio assoluto, poi mi siedo davanti al cellulare e faccio partire l’audio, che blocco man mano per avere il tempo di capire bene ogni parola e imprimerla sulla carta attraverso la traccia. La ascolto diverse volte per evitare errori, gustarne il senso e fissare nella memoria il timbro di voce e le emozioni in esso contenute. 

Ogni testimonianza è un intimo incontro, è un tête-à-tête colmo di rispettosi dialoghi muti e sguardi di fiducia. In quei momenti è un po’ come registrare una musica su vinile, dove in seguito ripassandoci sopra lo sguardo dal solco della matita scaturisce la melodia del racconto. Questo mi permette di meglio seguire il ritmo della creazione, laddove l’esecuzione improvvisata lo richiede. 

#FENICE: il dipinto sorto dalle ceneri del cambiamento

AGGIORNAMENTO: la call to action si è conclusa il 1° luglio 2019

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La fenice è un uccello mitologico capace di risorgere dalle proprie ceneri in un vortice continuo di fine e inizio, di conclusione e rigenerazione, di distruzione e rinascita. Simbolo di evoluzione, di sapienza acquisita, di conquista della propria personalità e di personificazione della forza vitale, la sua figura ci ricorda il cammino che occorre intraprendere durante profonde fasi di cambiamento.

Quante volte ci è accaduto di (dover) attraversare momenti di rottura, in cui la realtà conosciuta è andata in frantumi permettendo alla propria natura profonda di affiorare e dare luce a un nuovo fino a quel momento impensato, sopito?

La call to action #FENICE desidera raccogliere testimonianze legate a ricostruzioni nate dai detriti rimasti al suolo a seguito di crash improvvisi, che siano stati cercati, provocati o costretti a subire. Come sempre dall’ascolto di quanto ricevuto creerò un dipinto che in questo caso non sarà solo simbolo di presenza e condivisione, ma sorgerà fisicamente da episodi di cambiamenti improvvisi, proprio come l’uccello splendente è solito a fare.

Il lavoro terminato verrà presentato a un concorso artistico, e si potrà in seguito osservare ascoltando le voci generatrici. 

Per partecipare è sufficiente registrare un messaggio vocale il quale può essere inviato:

Sui miei canali social condividerò quanto ricevuto affinché altre esperienze possano liberamente manifestarsi; a scelta dell’autore del racconto se pubblicarle in forma anonima o firmata, mentre nel file audio accompagnatorio al dipinto saranno tutte senza nome.

Ringrazio già sin d’ora quanti vorranno aiutarmi a dar vita a #FENICE, il dipinto sorto dalle ceneri del cambiamento, sia come partecipazione che divulgazione del messaggio.

Per qualsiasi ulteriore informazione non esitate a contattarmi.

Informazioni pratiche: per cortesia registrate il messaggio in un luogo silenzioso, senza sottofondi musicali e, se siete in automobile, con i finestrini chiusi e con il dispositivo mani libere sia vicino alla bocca. Potete registrare direttamente il messaggio nell’applicazione Whatsapp cliccando sull’icona a forma di microfono oppure salvarlo su un’altra applicazione e inviarlo in seguito come allegato. Non lasciate il messaggio registrato sulla mia segreteria telefonica in quanto la qualità audio è talmente pessima che purtroppo non mi permetterà di utilizzarlo. 



#UNIVERSUS: intervista rilasciata ad Altro Spazio d'Arte

Grazie ai ragazzi di Altro Spazio d'Arte per l’interesse dimostrato a #universus, il dipinto nato dalle testimonianze dei luoghi della gente a cui, ricordo, potete partecipare anche voi attraverso l'invio di un messaggio vocale.

Tutte le info nell'articolo che sì, si trova sulla piattaforma di Zuckerberg oppure cliccando qua ma insomma, vi perdereste quanto ho raccontato loro ;-).

#UNIVERSUS: cosa accade durante la nascita di un dipinto

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#universus è nato, sta crescendo, e se da una parte ogni giorno acquisisce una forma fisica più concreta, dall’altra sta nel contempo dando vita a una presenza più sottile, sospesa e inafferrabile.

I luoghi raccontati non hanno un posto definito sulla tela, non sono tasselli di ricordi che vanno a unirsi ad altri al confine ma sono sparsi ovunque, un po’ come se fossero gocce di pioggia scese sì dalla medesima nuvola (una singola storia) ma che una volta giunte al suolo (il dipinto) si incontrano con quelle provenienti da altre nubi creando fin da subito interessanti flussi, improvvise pozzanghere e laghi spontanei.

E così accade che mentre riporto il ritmo dei tornanti di una strada questi diventino la silhouette di una duna del deserto, la cui forma accoglie il tramonto dal cui calore si può sentire il vociare delle persone intente a star bene allo Stallazzo, posto sulle rive del fiume Adda le quali sostengono i salti di un ragazzo in Cile impegnato a rincorrere uccellini in un bosco di eucalipti, la cui direzione porterà in una Normandia conservata per anni nel ricordo della follia, liberata ora dalla saggezza della fatica dei passi di montagna, la stessa su cui si sale da 66 anni percorrendo una scala che porta al piano superiore di una mano, quella necessaria a un corpo per afferrare la vita desiderata, nutrita da quel fiume che essa stessa è, fra le cui anse ci si può tuffare anche d’inverno per dimenticare tutto e diventare viscere, viscere che piovono su uno stretto contenente l’abisso di una malattia, dal cui squarcio si intravvedono panchine divenute ora isole delle Hawaii, toccate dalla foglia di un albero romano che non c’è più, come sparito è il ciliegio che fu anche se esiste ancora, e così via…

Ogni volta che aggiungo le forme e i colori suggeriti da una storia questi vanno a confrontarsi con ciò che è già stato steso in precedenza, generando nuovi racconti e nuove possibili esperienze, le quali mi accompagnano divenendo bussola creativa. E così accade che quando riprendo le testimonianze per definirle meglio, le forme e i colori con cui le trasformo sanno già dove andare a posizionarsi; un po’ come se a un certo punto della pioggia ogni singola goccia sapesse già dove cadere per dare vita a mari inviolati dei quali, in quanto tali, non esiste ancora alcuna mappa se non forse quella che li ha generati: #universus.

Partecipa anche tu alla creazione di un dipinto/mappa testimone dei luoghi raccontati dalla gente. Tutte le info le trovi cliccando qui.

Dalle voci alla tela #workinprogress

Orami lo sapete, il mio progetto #ritrattinarrativi consiste nel sottoporre a persone che si sono spontaneamente offerte un’immagine, le quali mi inviano poi ciò che quest’ultima ha suscitato in loro. È che quando mandi un tuo dipinto e ascolti ciò che ti torna insomma, è tanta roba. Una testimonianza più intensa dell’altra; una trasmissione di vissuti che davvero mi impressiona. E così ho iniziato una tela per non perdere nulla di ciò che stanno evocando in me queste storie, mentre sullo sfondo scorrono voci, mentre sullo sfondo scorrono vite. Grazie!

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