#UNIVERSUS: cosa accade durante la nascita di un dipinto

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#universus è nato, sta crescendo, e se da una parte ogni giorno acquisisce una forma fisica più concreta, dall’altra sta nel contempo dando vita a una presenza più sottile, sospesa e inafferrabile.

I luoghi raccontati non hanno un posto definito sulla tela, non sono tasselli di ricordi che vanno a unirsi ad altri al confine ma sono sparsi ovunque, un po’ come se fossero gocce di pioggia scese sì dalla medesima nuvola (una singola storia) ma che una volta giunte al suolo (il dipinto) si incontrano con quelle provenienti da altre nubi creando fin da subito interessanti flussi, improvvise pozzanghere e laghi spontanei.

E così accade che mentre riporto il ritmo dei tornanti di una strada questi diventino la silhouette di una duna del deserto, la cui forma accoglie il tramonto dal cui calore si può sentire il vociare delle persone intente a star bene allo Stallazzo, posto sulle rive del fiume Adda le quali sostengono i salti di un ragazzo in Cile impegnato a rincorrere uccellini in un bosco di eucalipti, la cui direzione porterà in una Normandia conservata per anni nel ricordo della follia, liberata ora dalla saggezza della fatica dei passi di montagna, la stessa su cui si sale da 66 anni percorrendo una scala che porta al piano superiore di una mano, quella necessaria a un corpo per afferrare la vita desiderata, nutrita da quel fiume che essa stessa è, fra le cui anse ci si può tuffare anche d’inverno per dimenticare tutto e diventare viscere, viscere che piovono su uno stretto contenente l’abisso di una malattia, dal cui squarcio si intravvedono panchine divenute ora isole delle Hawaii, toccate dalla foglia di un albero romano che non c’è più, come sparito è il ciliegio che fu anche se esiste ancora, e così via…

Ogni volta che aggiungo le forme e i colori suggeriti da una storia questi vanno a confrontarsi con ciò che è già stato steso in precedenza, generando nuovi racconti e nuove possibili esperienze, le quali mi accompagnano divenendo bussola creativa. E così accade che quando riprendo le testimonianze per definirle meglio, le forme e i colori con cui le trasformo sanno già dove andare a posizionarsi; un po’ come se a un certo punto della pioggia ogni singola goccia sapesse già dove cadere per dare vita a mari inviolati dei quali, in quanto tali, non esiste ancora alcuna mappa se non forse quella che li ha generati: #universus.

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