mito

Dipinti e parole collettive: un gesto fondativo

Quando ho iniziato a creare i dipinti e le parole collettive, non avevo di certo in mente alcuna forma di celebrazione o di mitizzazione. Volevo solo raccogliere voci, ascoltare ciò che le persone avevano da dire attorno a parole che appartengono a tutti: Luna, Sole, Terra, Cielo, Bosco, Equinozio, Fenice… Parole semplici, ma che mi sembrava custodissero altro rispetto al loro significato.

Nel tempo, osservando il lavoro svolto fino a qui, ho iniziato a vedere il processo di creazione collettivo alla luce di una riflessione più ampia, quella del mito.

Nelle società tradizionali antiche, il mito non era una semplice storia simbolica, ma un gesto fondativo.

Con gesto fondativo si intende un atto che non si limita a esprimere qualcosa, ma che dà origine a una nuova forma di senso o di realtà ogni volta che lo si ripete e mette in atto. È un gesto che istituisce, che stabilisce un legame, un ordine, un inizio. In pratica raccontare un mito o compiere un rito sono gesti fondativi perché non parlano solo del passato, ma rendono presente un tempo sacro capace di orientare la vita.

Ho pensato che allo stesso modo, quando un’esperienza personale viene condivisa, accolta e trasformata in un’immagine o una parola collettiva – come nei Dipinti Collettivi della Realtà o nel Vocabolario Collettivo della Realtà – anche quel gesto può diventare fondativo. Crea cioè un luogo nuovo da cui ripartire, un’origine.

E raccontare l’origine di qualcosa significava renderla nuovamente presente, efficace, viva. Non si tratta di ricordare il passato, ma di riattivare un tempo sacro, un tempo forte, capace di dare senso al presente.

Non credo assolutamente di aver creato nuovi miti. Ma credo che, insieme a chi ha condiviso con me parole, immagini, ricordi e sensazioni, abbiamo compiuto un gesto che somiglia a un piccolo rito laico: un momento in cui l’esperienza individuale si è intrecciata con il collettivo, generando un’immagine che forse non spiega, ma di sicuro evoca.

Ogni dipinto e parola sono il frutto di questo intreccio, di questa forma. Le testimonianze raccolte infatti non descrivono il concetto (il sole o la luna, ad esempio), ma lo attraversano grazie all’esperienza vissuta da ognuno. E nella trasformazione pittorica diventano addirittura qualcosa di altro: una forma visibile di una memoria invisibile.

Il pensatore Mircea Eliade scrive che “recitando il mito, ci si lascia permeare dall’atmosfera sacra delle origini”. Allo stesso modo, credo che ascoltare e condividere ciò che si sente attorno a un tema profondo può diventare una forma di conoscenza, di presenza e di appartenenza. Un modo insomma per abitare il presente in maniera più consapevole, e forse anche più unita.

Nei prossimi giorni inizierò quindi a raccontare i Dipinti Collettivi della Realtà, e le parole inserite fino ad ora nel Vocabolario Collettivo, alla luce di questa visione. Non sarà per spiegare cosa significano, ma per camminare insieme attorno alla loro origine collettiva. Una tela alla volta, una parola alla volta, a ritroso, fino all’origine.

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