#UNIVERSUS - Voci, testi e immagini abbinate alla Clip 2

Ascolta una parte delle voci che hanno dato vita a #UNIVERSUS, la people-maps nata dall’ascolto dei luoghi del cuore raccontati dalla gente. Ogni voce ha generato un tratto/composizione/colore nel dipinto, divenendo spazio fisico, luogo da incontrare, conoscere, esplorare e da cui lasciarsi, di conseguenza, scoprire.

Questa è la clip 2 di 4. L’audio è accompagnato dalla trascrizione integrale della testimonianza, a cui ho abbinato immagini della mia regione (l’Engadina) scelte ascoltando quanto ricevuto, a dimostrazione che la condivisione non solo è in grado di avvicinare ma anche di ampliare, conquistare e dilagare arricchendo il territorio dell’esperienza altrui.

Buon ascolto:

TRASCRIZIONI

È di ogni autore la scelta di apparire in forma anonima o firmata.

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Paola Rezzonico: “Tracce, passi come piccole V lungo il sentiero.
Bianco il silenzio, spazio a 22 tornanti. 
Lassù la salita, un paese.
Piccole e grandi le case, si ammucchiano strette al freddo.
Il vento scivola nella piccola Via Barca.
Un campanello, due nomi; finisco con la “O”.
La porta si apre; davanti la scala, dove passi infiniti accolgono”.

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Riccardo Lurati: “Il luogo a me più caro si trova in Normandia. È un piccolo paese dal nome Gonfreville, in cui sono nate mia mamma e mia nonna, e anche se adesso non ci sono più parte delle mie emozioni, sensazioni e del mio cuore è rimasta là. Mia nonna è arrivata in Svizzera per amore, ma per una serie di vicissitudini e disgrazie ha dovuto vivere in manicomio per l’intera vita. 

Dopo tanti anni ho voluto ripercorrere questo viaggio della memoria, e riuscire a vedere quei luoghi meravigliosi e quel mare incantevole mi ha trasmesso una pace assoluta. L’ho voluto fare da solo perché ho voluto riportare un pezzo della sua vita  laddove non ha potuto più tornare; il tutto era successo durante la 2a guerra mondiale, quindi anche le frontiere erano chiuse, perdendo completamente i contatti con i suoi famigliari”.

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Monica Bonaventura: “A volte i ricordi fiondano all’improvviso, e come un mosaico riordiniamo ciò che abbiamo vissuto: le emozioni, i profumi, i colori, le sensazioni. Ricordo quando da bambina i miei genitori erano soliti portarmi di domenica, nelle prime giornate di primavera, a visitare il parco di un’immensa villa veneta: Villa Pisani, ora diventata museo nazionale, e lì ci si portava una coperta per potersi sdraiare nel grande parco che circondava un’estesa vasca, con all’interno dei vari tipi di pesce. 

Ricordo con serenità la spensieratezza di quei giorni con mamma e papà, il calore del sole che mi scaldava, stesa con il naso all’insù a guardare le nuvole che spesso il vento faceva muovere sinuosamente nel cielo, di un azzurro tenue, ma limpido.

Ricordo ancora il profumo di quell’erba tagliata, dei fiori di campo, in particolare le margherite, che immancabilmente raccoglievo per strappare petalo per petalo al suono di “m’ama non m’ama”.

Mi piaceva addentrarmi nel labirinto che costeggiava le alte mure della Villa per raggiungere nel centro la scala, da dove potevo ammirare la campagna vicina e il fiume che passava. Fra corse e risate il tempo scorreva veloce, ma era così bello aspettare il tramonto e poi tornare a casa stanchi ma inebriati di quel tempo passato. 

Ripenso a quei giorni, a quando ero piccola. Tutto sembra così lontano, ma è talmente vivo il ricordo che sento ancora le voci e il profumo di quell’erba”.

Anonimo: “Il mio luogo è il lago, il mio lago. Lo vado a trovare tutti giorni, estate e inverno, e in primavera, e anche in autunno. Mi aspetta; è sempre diverso, sempre con la stessa forza. 

Ho sognato che quel lago era mio; lo avevo ricevuto in eredità e avevo investito tutti i miei soldi per liberarlo dalle cose brutte che gli uomini gli avevano costruito intorno. Era mio, faceva parte di me e ne ero geloso. Concedevo solo a pochi intimi amici di venirlo a trovare assieme a me; lui ogni giorno mi aspetta”.

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Angela Elia: “Questa è la mia spiaggia. A pochi chilometri dalla mia città, eppure quasi sempre deserta. Probabilmente perché non è alla moda, non è facile da raggiungere o forse anche solo perché troppo spoglia. Senza stabilimenti, bar, musica, gente. Qui rinasco, ascolto la voce del Mare e del bosco (alle spalle della piaggia c’è una macchia mediterranea). Inseguo in acqua branchi di piccoli pesci divertendomi come una bambina. Respiro veramente la mia terra (il Salento) che io trovo bella solo quando è spoglia di tutto il resto.

Anonimo: “Una volta di più sono qui allo Stallazzo. Si chiama così perché anticamente era una stazione di Posta. Praticamente i cavalli che trainavano i barconi lungo il fiume dell’Adda qui trovavano rifugio, e c’era anche un ostello con cucina e camere per riposare. Esistono ancora le stalle ma senza i tetti, e nel corpo principale si trova questo Stallazzo. È gestito da una cooperativa sociale e vengo qui spesso a mangiare; mi ritrovo tra amici, è gestito da persone della mia età e piano piano, col tempo, abbiamo fatto amicizia. L’ambiente è molto familiare. Si mangia molto bene e in definitiva sono fuori, in mezzo alla natura, lontano da tutto e tutti ma vicino a queste persone che mi fanno stare bene".

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Clarissa Semini: “Son qui, avvolta dalle montagne della Mesolcina e mentre sospiro e le guardo penso che sia proprio questo il mio universo. Questa valle, queste montagne che mi hanno portata qui, che mi hanno fatto scegliere di lasciare il Ticino e venire ad abitare qui sapendo che era qui il luogo in cui creare il mio spazio lavorativo, dove poter accogliere altre persone.

E poi chiudo gli occhi, baciata dal sole che mi riscalda il cuore e improvvisamente appare davanti a me un lago. Cerco di capire che lago sia e rimango molto sorpresa dell’accorgermi di essere seduta di fronte al lago Titicaca, quasi 20 anni fa, e quindi mi lascio trasportare da questa sorpresa, da questa onda che mi porta in questo luogo lontano, e osservo come questo lago sia ancora profondamente dentro di me nonostante sia passato tanto temp e nonostante quel viaggio non mi sia piaciuto per niente.

A distanza di quai 20 anni mi rendo conto o più che altro emerge come tutto il significato di quel viaggio sia stato l’incontro con quel lago e con le sue due isole: L’isla del Sol e l’isla de la Luna. Nasce dentro di me questo mistero che mi ha portata a camminare, ad appoggiare i piedi prima nell’acqua del lago Titicaca, attraversarlo, navigarci sopra e camminare sulla terra dell’isla del Sol guardando poco più in là l’isla de la Luna, e come tutto questo magicamente in qualche modo si sia intrecciato dentro di me e abbia messo un sigillo su quelli che sarebbero stati i miei passi a venire, allora assolutamente sconosciuti.

Mi sto rendendo conto di quello che sto dicendo solo adesso, mentre ne parlo, di come si sia intrecciato già allora una sorta di codice che mi avrebbe accompagnato. Questa unione fra il sole e la luna, fra il maschile e il femminile dentro di me, cullata dalle acque di un lago meraviglioso che per me rappresenta la madre. In questo momento mi commuove perché sta prendendo un senso, questa visione anni dopo, ed è proprio il momento in cui probabilmente anche dentro di me questa cosa si sta talmente espandendo che sta diventando più chiara nella mia visione. 

Riapro gli occhi e mi ritrovo di nuovo tra le valli, le montagne e gli abeti della Mesolcina e mi viene da sorridere accorgendomi come il mio universo sia io stessa, sia il mio corpo, sia il mio saper proseguire come anima incarnata tra le meraviglie di questa terra. Concludo con una frase, un’intuizione giunta 2 o 3 anni fa mentre stavo facendo un’esperienza in un seminario nel quale stavo lavorando proprio sulla mia nostalgia di casa, sulla difficoltà di trovare casa, di sentirmi a casa, e in quell’istante a un certo punto, passeggiando, ho sentito una voce, come un sussurro che mi diceva “tu sei casa” e questo ha dato la svolta al mio proseguire”.

Ed ora uno sguardo sul dipinto generato dai racconti: