Varekai, Cirque du Soleil Milano per #faigirarelacultura

Degli spettacoli è bello anche l’arrivo, l’approccio, l’avvicinamento. Fiumane di gente che compaiono da ogni dove per lasciarsi colpire e meravigliare da ciò che accadrà. Un po’ come andare con coscienza verso il bello, concedendoselo. Come stavolta, dove per arrivare al Forum di Assago è stato sufficiente seguire il brulicare dell’emozione, ed eccoci là. Credo che a volte il prezzo del biglietto sia ripagato anche solo dall’essere avvolti da così tante persone attente, ascoltarne il respiro, i gridi di entusiasmo e l’applaudire all’unisono.

Varekai. In lingua gitana significa ovunque, e come sempre il Cirque du soleil è stato in grado di spargere con maestria quella cosa lì che chiamo stupore ma che non si ferma solo a quello, perché è uno stupore capace di andare avanti per giorni, per anni. Come ritrovarsi un domani ad abbinare un giallo a un verde e blu e ripensare alle strane creature che animavano il palco diventato fondo del mare; o sentire un passaggio di musica nomade e ritrovarsi là, fra corpi volanti e palloni illuminati; oppure ancora da un bagliore avere la necessità di allungare un braccio perché lei ha fatto così, con una grazia che forse solo gli angeli potrebbero. E infatti la storia di questo spettacolo parla proprio di un angelo caduto in un mondo straordinario e mai più ripartito perché ha incontrato l’amore, il sentimento che quella sera hanno respirato un po’ tutti ovunque, un po’ tutti varekai.

Recensione pubblicata su timmagazine