Perché si chiama Chesa Altrova

Chesa Altrova si chiama così perché dare un nome è un atto di nascita. Non per descrivere qualcosa, ma per permettergli di essere riconosciuto, di farsi vivo, di sbocciare nel tempo.

Ci sono parole che non esistono finché non le incontri. Come isole che emergono solo se qualcuno le nomina. Chesa Altrova è una di queste parole.

"Chesa" in romancio significa casa. Ma questa non è una casa qualunque. È una casa che apre, che raccoglie, che risuona con ciò che è invisibile. Una casa dove il tempo si allarga e le cose accadono in modo diverso. Una casa dove ogni presenza può diventare parola.

"Altrova" non è un altrove da cercare lontano. È un varco nel qui, un attraversamento sottile.
Una fessura nella superficie del quotidiano, dove il reale può mostrarsi sotto nuova luce.

Nel nome Altrova si nasconde anche una parola romancia: “ova”, che significa fonte. Fonte come sorgente d’acqua. Fonte come origine del senso. Altrova non trattiene: sgorga. Non indica un possesso, ma una disponibilità a lasciar accadere.

Altrova è anche una parola che non esisteva, finché non è stata detta. E proprio per questo contiene spazio: per chi arriva, per ciò che manca, per ciò che potrà essere.

  • ALTRO: ciò che è diverso, ma non distante. Ciò che chiama senza somigliare.

  • TROVA: l’atto del ritrovare. Non conquistare, ma lasciar emergere ciò che già c’è.

Chesa Altrova è una dimora narrativa. Un luogo reale che si offre come soglia. Una casa dove ogni gesto può diventare simbolo, e ogni oggetto può raccontare.

Qui la nominazione è un gesto creativo: dare un nome per lasciare spazio al senso. Non per chiuderlo, ma per accompagnarlo nella sua fioritura.