Casa Rosalba Besazio

Il Boléro di Oliviero

Oliviero si alzò come tutte le mattine di buon’ora. Si lavò con cura, fece una leggera colazione e indossò i vestiti da lavoro; il tutto si svolse in rigoroso silenzio e lasciando al neonato giorno il compito di rischiarare l’ambiente. Erano le sei e lui era pronto. Lo specchio appartenuto a sua nonna capeggiava sulla parete a lato della porta. Oliviero prima di uscire vi si fermò di fronte, si guardò a lungo negli occhi e poi più giù, dentro, per testare se ciò di cui necessitava era ancora al suo posto. C’era: uscì. Erano le sei e trenta di una mattinata fresca e serena, dove l’odore di terra del primo autunno si mescolava ai residui di un temporale notturno appena trascorso. Ai piedi dell’orizzonte il Mendrisiotto appena toccato dal sole prese posto e attese come sempre che lo spettacolo iniziasse. Oliviero pose uno guardo alla pianura e chinò leggermente il capo, in segno di saluto. Respirò. Si voltò e si diresse verso Casa Rosalba. Durante il tragitto notò che Arnoldo il fornaio, Fabiana e zia Colette erano già in posizione, mentre degli altri intuì la concentrata presenza. Il portone in legno della proprietà era aperto. Varcò la soglia e si posizionò al centro della corte; Carla la postina gli era accanto. Davanti a lui trovò Miguel, Ottavio, Annalisa e Sebastiano, la famiglia Valsangiacomo al completo, gli ultimi a intervenire. Si guardarono negli occhi: erano sintonizzati, si poteva partire. Le sei e quarantadue. Olivierò estrasse dalla giacca una bacchetta, alzò gli occhi al cielo e diede il via con un leggero movimento del braccio. Carla cominciò a battere sul tamburo “ta taratatatta ta, taratatatta ta, taratatatta ta”, lieve. A inizio paese Arnoldo posizionò il faluto fra le sue labbra e con una leggerezza degna del più soffice soufflè attaccò il pezzo: “fiiiiiiii fi fi fifififififfififiiiiiii fifififififififiiiiii fifififififififififiiiii fifififfififiiiii”. Dall’altra parte della via Costantino il fabbro attese la fine dell’esecuzione prima di iniziare a soffiare nel clarinetto; da Casa Rosalba nel frattempo proveniva costante il suono del tamburo di Carla. A quel punto da corte Soldini sopraggiunse un fagotto, a cui seguì il suono del clarinetto piccolo della Signora Katia, la padrona del B&B ParisCocò le plus chic du monde entier. Dalla piazza della Chiesa Costanzo diede vita al suo oboe d’amore, a cui seguirono Fabiana e zia Colette con tromba e flauto. E poi un sax tenore, un sax sopranino e soprano, poi celesta ottavini e corno, e poi ancora clarinetti oboi e trombone, chi da una corte, chi da una via o chi dalle vigne dietro casa. Oliviero dalla sua postazione continuava e dirigere il sopraggiungere di nuovi strumenti, fino a quando diede spazio ad archi e fiati posizionati proprio alle sue spalle. Mancava poco: diede l’ultimo ingresso alla famiglia Valsangiacomo. Miguel Ottavio Annalisa e Sabastiano si alzarono dalle sedie e archi e fiati già bollenti per l’attesa sbocciarono nel loro splendore. E “taaaaaa taratatatataratattata taratatatta ta” e ancora “taratatatattataaaa taratatattta taaaa”, Carla la postina continuava a battere sul tamburo con orgoglio e convinzione, mentre una lacrima sfuggita alla commozione le rigò il volto. Il suono emanato dagli strumenti sparsi per Besazio salì e si congiunse in un’apoteosi di scintille e magnificenza. Da Casa Rosalba giunse allora il segnale finale e un’esplosione di energia andò a sbattere sulle guance di coloro che ancora dormivano: smack! Erano le sette. E il paese si svegliò. 
Oliviero rimase ancora un attimo in silenzio. Attese che persino l’ultima scintilla si fosse spenta, si ricompose, mise la bacchetta nella giacca e si diresse al lavoro. Aprì il cancello dello stabile e si sedette accanto all’entrata, in attesa. “Taratatarataratattarata taratataratata, taratatarataratarata taratattatara”, i passettini allegri dei bambini cominciarono a tamburellare sull’asfalto, sempre più vicini, fino a quando il primo allievo gli passò accanto pronunciando educato “Buongiorno Signor Bidello”, a cui seguì il secondo, il terzo e così via, ognuno in tono diverso, ognuno con quel suono argenteo e pulito come solo le voci infantili sanno avere: musica per le orecchie di Oliviero, così che anche lui ebbe il suo Boléro.

Guerra di torte in quel di Besazio

Casa Rosalba si trova in un nucleo di paese in cui a volte, come stamane, per le viuzze aleggiano guerre d'odori degne dei più grandi Maître de cuisine. Da Via Ferdiando Bustelli la Signora Rusca lancia per strada le note di una torta al cioccolato che farebbe arrossire Monsieur Lindt; di tutta risposta il Palmiro da Via Chiusa ha rilanciato con una torta di ricotta e fragole che ha risvegliato le voglie sopite di Aldina la sarta, la quale ha messo sul fuoco un bricco di caffè con l’intenzione di suonare alla porta del vicino e chissà…; dalla lontana piazza della Chiesa il parroco alza gli occhi dal rarissimo francobollo La colomba di Basilea, donatagli il giorno prima da una coppia di zurighesi in cambio di un rituale nuziale express, e sferra un colpo aprendo la porta del forno in cui sopiva immacolata una torta di pane corretta con grappa benedettina; a questo punto da Casa Rosalba si è alzata in cielo una vena di squisito odor solenne di torta di zucca la quale, raggiunta l’altezza del campanile, ha iniziato a battere a ritmo cardiaco; a quel punto tutti i cuori del paese si sono sintonizzati all’ascolto, e le colazioni ebbero inizio.

 

RICETTA TORTA DI ZUCCA DI CASA ROSALBA

1 Kg di cubetti di zucca già tagliati
100 gr di farina bianca
150 gr di zucchero
50 gr di burro
2 uova intere
1 pizzico di sale
uva sultanina
1 bustina di zucchero vanigliato

Preparazione:
Fate cuocere i cubetti di zucca in poco latte (giusto per non farli attaccare alla pentola), fino a quando si spappolano; passateli e lasciateli raffreddare (potete anche farlo con la forchetta, basta che si arrivi ad avere una purea). Aggiungete gli altri ingredienti, e otterrete così una pasta molle (dovesse risultare troppo liquida aggiungete ancora un po’ di farina). Imburrate la teglia e passatela con la farina o il pane grattugiato. Versatevi dentro la pasta e cuocere per circa un’ora nel forno preriscaldato a 180°. Spesso ci vuole anche di più, dipende dal forno, fate comunque sempre la prova dello stuzzicandenti. Lasciate raffreddare e…. gustare!