Milano: quattro mostre in poche righe

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Klimt experience al MUDEC - Museo delle Culture: è il corrispettivo di ciò che è stato Cinquanta sfumature di grigio per il mondo dell’editoria, dove è riuscito ad accaparrarsi quella fascia di persone poco avvezze alla lettura, se non di riviste scandalistiche. Quindi ok, ci sta: Klimt proiettato è sempre meglio di nulla ma insomma: se appena appena avete già messo piede in un museo, anche no.

Toulouse-Lautrec a Palazzo Reale: da gustare, tutto, a poco a poco, con calma, tratto per tratto, immaginandone il gesto, l’attenzione. Un mondo rumoroso, dagli odori forti e dalle vite spremute trasformato in eleganza e bellezze sublimi, il tutto condito da bagliori di ironia sottile e sensualità dai colori che arrivano da lontano. Consigliatissima.

James Nachtwey - Memoria, a Palazzo Reale: laddove la parola uomo acquista un altro significato. Immagini crude ma di un’estetica pazzesca inchiodano lo sguardo a realtà dovute. Una vita dedicata alla memoria, dove il senso di responsabilità comune resta appiccicato addosso. E ce l'hai addosso. Addosso. Consigliatissima e, probabilmente, necessaria.

Sebastiao Salgado - Kuwait, un deserto in fiamme, alla Fondazione Forma per la Fotografia: strano considerare certe immagini consolanti, ma probabilmente è stato l’effetto Nachtwey. Avevo bisogno di un determinato tipo di sguardo, e qui l’ho trovato. Ha molto a che fare con l’idea di fiducia nella razza umana e, benché sporco di petrolio e fra pozzi in fiamme, c’era. Poi va be’, picchi di estetica a cui, per fortuna, non riuscirò ad abituarmi mai. Molto bella.

Milano: giochi di luce che in tutto questo guardare mi hanno accompagnata, brillando su uno strano silenzio. Da vivere, sempre.