Effetto sospeso engadinese

Riflesso3-2.jpg

È appurato: in Engadina esistono le giornate sospese, giuro! Fluttuano in giro fino a quando ti capita di attraversarle; è che te ne rendi conto solo quando accade, non è infatti possibile né prevederle né andarle a cercare.

Ad esempio un giorno ero seduta al computer quando improvvisamente ho percepito profumo di pino cembro e udito scoiattoli giocare. Sai come quando dall’odore di bucato capisci esserci dei panni stesi nei paraggi? Uguale! Ho persino sentito l’attimo appeso sventolare, così ho chiuso gli occhi e ci ho affondato il volto: era morbidissimo, e sapeva davvero di buono.

Un’altra volta invece stavo camminando per un sentiero quando qualche cosa mi è scoppiato sull’orecchio, un plick da bolla di sapone da cui sono scaturite voci e abbracci: Bun dì, Alègra e anche odore di pane ma di quello buono, che quando mangi ti sembra di stare vicino a un camino quando fuori nevica forte.

Settimana scorsa poi ho letto su un giornale del caffè sospeso a Napoli, dove una persona ne paga uno in più lasciandolo a disposizione di chi non può permetterselo. Allora ho pensato che probabilmente è una cosa simile, dove qualcuno vive un momento in più utilizzabile da coloro che forse sono un po’ imprigionati nei loro pensieri oppure non son capaci di ascoltare appieno l’attorno.

Adesso quando esco e sono in mezzo al bosco, vicino al lago, sento odore di pioggia o di neve o il sole sulla pelle o la sera vedo quella luce lì che sembra sempre così vicina eppure è così lontana ma soprattutto sottolinea il presente, cerco di assorbire doppiamente l’istante in modo da lasciarne uno libero di staccarsi e diventare sospeso, iniziare a volare lontano e chissà, riuscire davvero a colpire inaspettatamente qualcuno, intento a passare di là, magari proprio adesso... plick.